Innanzitutto vorrei sfatare un preconcetto sull’utilizzo del comune. Per quanto sembri strano, il concetto di “lingua franca” in Europa è sempre esistito. Pensiamo al latino e poi al francese che sono state lingue utilizzate in tutto il continente (almeno da parte dei ceti alti). L’esistenza del comune, di solito presuppone un impero che abbia controllato in un recente passato buona parte dell’ambientazione. Un impero del genere anche se caduto non avrà lasciato soltanto la lingua ma anche opere architettoniche. Come Roma ha lasciato acquedotti, bagni, anfiteatri e arene, la stessa cosa avrà fatto l’impero da cui ha origine la lingua comune e inserirlo in gioco può dare molta atmosfera.
Si possono creare interessanti situazioni di gioco vedendo il comune come una seconda lingua. Non va giocato contro il gruppo: il contadino che parla con i PG magari s’interromperà di tanto in tanto per ricordarsi quali parole utilizzare perché non è la lingua madre, un po’ come può succedere quando utilizziamo una lingua straniera. I png di una determinata razza potrebbero di tanto in tanto usare come intercalare una parola della propria lingua mentre parlano in comune, come per esempio accade in Farscape.
Utilizzi delle lingue: esempi
a) Un gruppo che interagisca con l’altezzoso ambasciatore elfico, avrà dei bonus (+2 a diplomazia) se utilizzerà l’elfico come lingua per comunicare invece del “barbarico” comune.
b) Lo stesso gruppo potrebbe ascoltare gli assistenti dell’ambasciatore che parlottando fra loro in elfico, danno pessimi giudizi su determinati png o PG.
c) Nella mia campagna di 13th age ho fornito ai giocatori lettere, pergamene e note di diari scritti in varie lingue. In rete possiamo trovare eccellenti font fantasy; il giocatore che conosce la lingua in cui è scritta oppure che utilizza un incantesimo adatto riceverà la versione normale.
d) Più ci si allontana dalle “terre civilizzate”, meno il comune sarà conosciuto. Nelle terre barbariche soltanto il capoclan e lo sciamano della tribù parleranno il comune e non benissimo mentre in terre ancora più distanti il comune potrebbe non essere conosciuto e i PG dovranno comunicare inizialmente a gesti con i nativi se non hanno un interprete. Consiglio di “non cercare il realismo” e permettere ai PG di imparare la lingua velocemente un po’ come succede in una famosa scena del 13° guerriero. Usare la pantomima per comunicare può essere divertente una sessione ma dopo un po’ rischia di annoiare.
e) Come accennato sopra assumere un traduttore o una guida oltre a dare verosimiglianza al gioco, ci fornirà interessanti spunti di gdr.
Ora che ci penso, se la memoria non mi inganna, la questione delle lingue è spesso trascurata anche nelle ambientazioni più corpose e dettagliate.
Per quanto tuttavia trovarsi in un posto in cui non parlano la lingua del tuo PG può comunque portare i giocatori ad aguzzare l’ingegno.
Recentemente (giocando Sine Requie però) mi sono ritrovata con un gruppo che parlava solo francese in Italia… è stata un’aggiunta interessante.
nelle mie ultime campagne d&d il talento linguista è diventato praticamente obbligatorio!! la cosa divertente è vedere i pg che si scannano per chi lo deve prendere:)
ps. ottimo blog! consigli utilissimi, complimenti!
nella mia campagna di Seventh sea non esiste una lingua franca, e effettivamente il problema di chi può comunicare con chi è un problema che si sente. i pg usano una “lingua franca” per comunicare tra loro (quasi sempre l’equivalente di spagnolo o italiano) e hanno dovuto imparare varie lingue per comunicare con persone delle varie nazioni.
Io trovo i linguaggi utilissimi in tutte le missioni di “stealth” (mi devo inflitrare nell’accampamento nemico, devo comprendere e parlare la lingua) e diplomatiche, oltre che per dare colore tramite l’inserimento delle lingue morte (devo scoprire come funziona questo oggetto magico, e per farlo devo decifrare le antiche descrizioni sui bassorilievi della tomba in cui era conservato). È poi interessante che per esempio in Pathfinder esista l’abilità “linguistica”, praticamente mai sfruttata, che può essere usata in diversi modi, per esempio:
– comprendere un dialetto.
– comprendere un certo termine tecnico o una sfumatura di significato, durante un’ambasciata, una trattativa o l’ingaggio di una missione, può essere determinante. E se “attenti a non morire” avesse voluto dire “attenti ai non morti”?